LOST IN AMBITION


Pensieri, sogni, esperienze e sprazzi di bellezza.

Panem et circenses

2–3 minuti

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L’affondamento della Nazionale nella trasferta sudamericana racconta un malessere calcistico tutto italiano, che si sta diffondendo sempre di più, anno dopo anno.
Gli errori di Prandelli e le carenze di Balotelli sono solo la punta di un iceberg molto più profondo.

 

A mente fredda.
Prandelli ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare.
Non ha mai fornito un carattere, un’anima ed uno stile di gioco alla squadra. Ha stravolto i moduli ed effettuato cambi in corsa particolarmente comici, durante tutta la competizione, tipo Cassano e Thiago Motta.
Il desaparecido Florenzi, Rossi zoppo ed il tanto rimpianto Destro potevano certamente far comodo, ma aggrapparci a questi alibi, rivela una totale carenza di qualità vera in quello che dovrebbe essere il nuovo calcio italiano.
Balotelli ha dimostrato, ancora una volta, di non essere un campione. Semmai un buon giocatore, con sprazzi di talento.
Detto ciò, crocifiggerlo come un Bossetti bresciano, capro espiatorio della nostra selezione, è una moda molto italiana.
Dopo averlo eletto a nostra ancora di salvezza, la colpa sembra essere quasi tutta sua.
Di un ragazzo molto sopravvalutato, più celebre per i suoi tweet e la sua vita personale, che per i suoi meriti sul campo. Uno che faceva panchina al Manchester City e che gioca titolare in un Milan mediocre di metà classifica.

Il nervoso numero 9 azzurro
Il nervoso numero 9 azzurro

Buffon e De Rossi, intanto, rivendicano il peso positivo dei senatori, poco renzianamente.
E riconoscono la sconfitta, più che meritata.
Complessiva, per tutti. E non solo rispetto alla partita di ieri.
Questo, insieme alle inevitabili, ma non scontate, dimissioni del ct e di Abete (finalmente), sono le uniche cose da salvare di una serata malinconica.
L’ennesimo sintomo di un malessere, che attraversa il calcio italiano da cima a fondo, ormai da troppo tempo.

Il dimissionario ct, Cesare Prandelli
Il ct dimissionario

I club sono quasi tutti indebitati e senza uno stadio di proprietà.
I settori giovanili, salvo rare eccezioni, imbottiti di ragazzini africani o dell’est Europa.
Ai giovani di belle speranze vengono precluse tantissime possibilità in prima squadra, preferendo ad essi degli stranieri, spesso più scarsi, ma esotici, quindi meglio accettati dai tifosi impazienti.
In serie A, più del 60% dei giocatori sono forestieri.
Nelle competizioni continentali, poi, non vinciamo nulla dalla notte di Madrid dell’Inter di Mou, che di tricolore non aveva nemmeno il nome.

Nel frattempo, gli ultras la fanno da padrone, consegnadoci l’ennesima vittima di uno sport malato.
Gli scontri dell’Olimpico del 4 maggio distano poco meno di due mesi, ma, ovviamente, sono già stati dimenticati da molti, a partire dalla politica e dai presidenti dei club.
Ma non dalla famiglia e dagli amici di Ciro Esposito.
Spentosi stamattina, nello stesso giorno in cui la Lega Calcio deve assegnare i diritti tv del campionato dei prossimi anni a Sky o a Mediaset Premium, con l’incognita del digitale terrestre.
Sul piatto, più di un miliardo di euro, con le società che continuano a giocare al rialzo.

Restiamo sempre quelli.
Che non cambiano mai, che necessitano di situazioni disperate per impegnarsi.
Che sia il Calcioscommese dell’82 o la Calciopoli del 2006.
O, più tragicamente, di morti assurde e dolori inspiegabili.

Panem et circenses.

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