La ricorrenza della caduta del Muro, suggerisce una riflessione sullo stato attuale della nostra società.
Una riunificazione sfruttata a metà, nonostante tutto.
Che possiamo completare, oggi più che mai.
Sono trascorsi venticinque anni, dalla caduta del Muro di Berlino.

La separazione di un popolo, la divisione di un mondo, che ha flagellato le famiglie della capitale tedesca, la sicurezza di milioni di persone, la stabilità dell’economia di interi sistemi.
Il 9 novembre del 1989, decine di migliaia di berlinesi, incoraggiati dalle politiche di apertura di Gorbaciov in URSS, con la sua impavida perestrojka, e sostenuti dalla consapevolezza di poter scrivere, finalmente, il proprio futuro, si ritrovarono intorno a quella barriera, da una parte e dall’altra, abbattendola.
E nulla fu più come prima.
La capitolazione del comunismo (escludendo Cina, Corea del Nord e Modena), il trionfo del capitalismo.
Con tutte le conseguenze del caso, come i posteri, cioè noi, oggi, possono testimoniare.
Viviamo nell’epoca della crisi e di Wikileaks, dello sfruttamento del terzo mondo e dei social networks.
Tutto sembra più rapido, più apparente, più superficiale.
Il politologo Francis Fukuyama, pochi anni dopo il termine della Guerra Fredda, teorizzò la fine della storia, dovuta proprio all’imporsi dello stile di vita consumistico occidentale ed alla diffusione delle democrazie liberali.
Un appiattimento di pensiero ed azioni.
Una tirannia della maggioranza nei costumi e nei gesti, per dirla alla Tocqueville.
Le ideologie stesse si sono annacquate e stentano, laconicamente, in uno scontro perenne ed anacronistico.
I valori e gli esempi, che hanno animato il passato, potrebbero comunque essere validi ancora oggi, più che mai.
Forse varrebbe la pena di rifletterci un secondo.
E di provare ad affrontare i problemi da un punto di visto più attuale ed al passo con i tempi, riprendendo ciò che di buono abbiamo creato alle nostre spalle.
Istruendo le nuove generazioni, mediante metodi di formazione innovativi, più coinvolgenti e partecipativi, che mirino a sfruttare la loro creatività; e le mettano a confronto, o semplicemente a conoscenza, di personaggi brillanti ed esperienze positive, che possano essere per loro fonte di stimolo e di ispirazione.
Con precisi canali digitali di informazione, più obiettivi e dettagliati (seguendo gli esempi di sparuti blog e media tradizionali, che provano a rinnovarsi quotidianamente, come il Guardian, il Washington Post o Politico.com).
Attraverso la valorizzazione e promozione del proprio patrimonio storico locale, dal lavoro alla cultura, che possa essere conservato e tramandato, anche tramite strumenti audaci, che ne mantengano vivo lo spirito originario.
Con una mentalità nuova, fresca, indipendente, meno appesantita dalla forma dello scontro idelogico, ma più solida dell’eccessiva leggerezza del vuoto di contenuti e del conformismo fine a se stesso.
Viviamo in un’era di enorme ricchezza potenziale, con mezzi tecnologici impressionanti e conoscenze profonde, elaborate nel passato.
Sfruttiamola. Da subito.
Ed il sacrificio di Berlino non sarà stata vano.





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