Questo non è un referendum tecnico, ma politico.
E’ una preferenza sul governo Renzi.
Pro o contro di esso. Pro o contro di lui.
Trovo ammirevole chiunque si sforzi di entrare, giustamente, nel merito del voto che siamo chiamati a esprimere questa domenica.
Questo non è un referendum tecnico, ma politico.
E’ una preferenza sul governo Renzi.
Pro o contro di esso.
Pro o contro di lui.

Come ha voluto egli medesimo, personalizzandolo e compiendo così un grande errore mediatico o la più abile delle mosse strategiche, nel caso in cui si dovesse dimettere tra domani e dopodomani (difficile, ma geniale, nel caso).
E per il quale è in atto una battaglia misera e spesso priva di contenuti; un elegantissimo remake della Brexit e delle elezioni americane, in linea con l’imbarbarimento dei tempi che corrono, d’altronde.
Il merito della riforma sfugge in larga misura ai costituzionalisti stessi, incapaci di prevedere tutti gli esiti, positivi o negativi che siano, di un’eventuale modifica del Senato e del rapporto fra lo Stato e le Regioni.
Credo quindi che noi cittadini possiamo solo farci un’idea di massima, rispetto al gattopardismo del NO e al pressappochismo del SI.
Alcuni aspetti mi convincono, altri un po’ meno, personalmente.
E’ un testo scritto in fretta, non chiarissimo in tutti i suoi risvolti e senz’altro imperfetto.
E i cortigiani favorevoli a prescidere, senza un briciolo di dignità, mi appaiono più assurdi dei compagni di partito di Peppone o dei rapitori di Lapo Elkann.
D’altro canto, uno snellimento della burocrazia, l’abolizione di enti inutili e un ridimensionamento del potere dei consigli regionali (che negli anni hanno prodotto statisti del rango di “Batman” Fiorito e di Nicole Minetti) le giudico motivazioni più che sensate, in favore dell’approvazione popolare di questo nuovo testo.
Così come allinearsi al resto d’Europa, essendo noi l’unico paese rimasto ancorato a un lento e farraginoso bicameralismo paritario, al contrario di tutti gli altri membri dell’Unione.
La quale sarebbe inoltre un garante istituzionale, in caso di possibili derive autoritarie del primo demagogo o trumpista che passa.
Ma soprattutto, trattandosi appunto di un voto essenzialmente politico, per conto mio, tutti i sostenitori del NO da lunedì avrebbero una nuova legittimazione, un ultimo giro di giostra, in caso di vittoria.
Sarebbero di nuovi ai blocchi di partenza, più forti di prima.
D’Alema e Berlusconi, Brunetta e Fassina, Gasparri e Bersani.
Hanno governato l’Italia degli ultimi vent’anni.
Con i risultati noti.
I Cinque Stelle, Renzi e la Lega resteranno, a prescindere dal risultato.
Loro NO, se vince il SI.
E’ (anche) per questo che voto SI.





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