L’Ironia della Minoranza

Il Muslim Ban voluto dal Presidente Trump è stato giustamente criticato da tanti, ma è sostenuto e apprezzato dalla maggioranza dei suoi cittadini.

Occorre accettare il risultato elettorale, provare a capire per davvero le scelte di protesta degli elettori e piantarla con la spocchiosa ironia liberal degli ultimi tempi.

Davanti a un anno di elezioni per l’Europa e in un momento storico così delicato, a maggior ragione.

Giornate tumultuose e cuori esasperati.
A Washington, Londra, Bucarest, Bruxelles.
Negli aeroporti, nelle piazze dei Balcani, nelle rotte dei disperati.
E al termine, o meglio soltanto all’inizio, di tutto questo, è emerso proprio ieri un dato alquanto indicativo: la maggioranza degli americani pare essere d’accordo con Trump, riguardo al blocco alle frontiere.
Il divieto d’ingresso ai cittadini provenienti dai sette paesi incriminati, a maggioranza musulmana, è sostenuto da più della metà della nazione.
E pur potendosi fregiare del tasso di approvazione più basso mai registrato da un Presidente appena entrato in carica, questo suo atteggiamento è precisamente ciò per cui gli elettori lo abbiano votato, il motivo per il quale lo abbiano scelto (per quanto l’impresentabile Clinton alla fine avesse raccolto tre milioni di voti in più di lui, ma negli Stati in cui non era necessario per ottenere la vittoria).

Le ironie dei democratici sul figlio Barron, sulla folla all’Inauguration Day, sui comportamenti di Melania, rientrano in pieno in quella spocchia di fondo, che gli hanno consentito di vincere e di arrivare alla Casa Bianca.
Così come l’ipocrisia di tanti liberal, come gli attori di Hollywood o Madonna, che prometteva pompini (perdonate il latinismo) e poi inneggia alle più che legittime marce per il rispetto della donna.
Se è giunto fin lì, è perchè, stando alle testimonianze raccolte dopo il voto – e chiaramente non prima, non sia mai – larghissime fasce della popolazione sono allo stremo, dal punto di vista economico, e si disinteressano totalmente alle fake news, agli sterili dibattiti politici e alle chiacchiere sui trattati transatlantici.
Volevano inviare un bulldozer tra i palazzi del potere.
E ci sono riusciti.
Sia ben chiaro, Trump è un cialtrone.
E anche molto pericoloso.
Ma è figlio dei tempi in cui viviamo, delle scelte compiute dalle classi politiche degli ultimi vent’anni, delle speculazioni finanziarie, dalle quali in pochi si sono davvero ripresi.
Le disuguaglianze aumentano, ogni giorno di più.
La Cina cerca la globalizzazione per sopravvivere, la Russia la guerra per riaffermarsi nel mondo.
L’ex-Jugoslavia è di nuovo una polveriera, i migranti sono sempre più alle porte e l’Europa fatica a trovare soluzioni.

Quest’anno ci saranno le elezioni in Olanda, Francia, Germania, Repubblica Ceca e forse Italia (anche se sarebbe più auspicabile attendere la fine naturale della legislatura, nel 2018, a mio parere, dato che non abbiamo una legge elettorale decente e per via delle delicate tornate di cui sopra e perchè quella dei vitalizi è una bufala).
Chiudersi nei propri sacri confini è la strada più semplice, ma anche la più dannosa, a lungo termine.
Essere concreti, audaci, lungimiranti e più vicini ai bisogni delle persone, quella giusta e necessaria.
Dobbiamo ricominciare a puntare alle stelle, ma avendo i piedi saldamente a terra.
Il vento è già cambiato da un pezzo e soffia con energia, verso un orizzonte cupo e inesplorato.
A giudicare dall’alto di una torre d’avorio si rischia che una folata ti colpisca.
E ti porti via.