Lamentiamo che non funzioni nulla, ma non impariamo dagli errori del passato e non abbiamo voglia di rinnovare noi stessi.
Osserviamo inerti i titoli esasperati degli articoli sui siti d’informazione, che utenti astiosi commentano senza nemmeno leggere.
Accettiamo che una classe dirigente, che ci ha condotto fin qui negli ultimi vent’anni resti al potere, offrendo al più come alternativa degli ebeti comandati da un blog privato.
Abbiamo smesso di credere in noi stessi, come sistema e come paese, pare.
In questo, nonostante tutto, io non credo.
Nel giro di qualche giorno la Siria dei bambini, di Assad e dell’ignavia occidentale verrà dimenticata, come sempre.
Sepolta sotto un cumulo di macerie giornalistiche, a volte con la forma di cronaca nera, altre con quella di farneticanti esternazioni politiche.
Nell’ennesimo turbinio di ipocrisia e partigianeria, tipico della provincia italiota.

Verranno dimenticati i morti di San Pietroburgo, di Londra, di Istanbul (e potrei continuare), ormai enumerati a vittime collaterali di una guerra intestina a un mondo globalizzato senza più confini, ma con sempre più muri.
Così come la totale inadeguatezza di quel cialtrone di Trump a sedere nello Studio Ovale, incapace di abolire il da lui tanto detestato Obamacare, pur avendo una maggioranza repubblicana in entrambe le Camere, perchè evidentemente governare per costruire è molto più difficile che urlare per distruggere.
O come i pregi di un’Unione Europea farraginosa e imperfetta, ma che da più di settant’anni garantisce la pace a un continente nel cui dizionario questa parola mancava con tale continuità e durata e che spesso, a torto, diamo per scontato.
Tutto questo è già ieri, è già andato.
Fa parte di un mondo che ci spaventa e che quindi non affrontiamo, ma ci rinchiudiamo fra di noi, nelle nostre miserie e nelle nostre invidie.
Viviamo in superficie, senza riflettere, senza approfondire.
Lamentiamo che non funzioni nulla, ma non impariamo dagli errori del passato e non abbiamo voglia di rinnovare noi stessi.
Osserviamo inerti i titoli esasperati degli articoli sui siti d’informazione, che utenti astiosi commentano senza nemmeno leggere.
Accettiamo che una classe dirigente, che ci ha condotto fin qui negli ultimi vent’anni resti al potere, offrendo al più come alternativa degli ebeti comandati da un blog privato.
Il punto è che abbiamo smesso di credere in noi stessi, come paese e come sistema, pare.
O meglio, questa è la percezione che il cortocircuito tra social network, media e chiacchiere da bar ci vuole presentare.
In tutto questo io non credo.
Proprio per nulla.
Sono convinto che vi siano invece continui esempi di ragazzi, donne e uomini che ci provano, che si ingegnano, che lottano.
Che partono per andare lontano o restano per creare da vicino.
Ogni giorno, senza mollare, provando a tenere duro.
Qualcuno non ce la fa, altri si.
Concreti, pragmatici e al contempo pionieri, sognatori.
E’ complicato, amaro, nauseabondo, a volte.
Non è affatto semplice.
Ma è anche la dimostrazione che la cultura, la responsabilità e la voglia di fare siano i cardini su cui generare le fondamenta e ripartire.
Tenendo ben presente tutto quel che accade intorno a noi, ricordando da dove siamo venuti e scegliendo dove vogliamo andare.
Preparati, informati, aperti.
Non smettiamo mai, mai di credere nella nostra bellezza.
Mai.
In questo io credo.





Lascia un commento