A trentatre anni dalla sua scomparsa, l’artista proveniente dalla nebbiosa bassa padana rimane un punto di riferimento, nello scenario culturale italiano e non solo.
Un venerato maestro, per dirla alla Berselli.
In tempi così cupi per la nostra cultura, per i cinema e i teatri, il ricordo di un gigante geniale e malinconico come Ugo Tognazzi – a trentatre anni esatti dalla sua scomparsa – può fungere da prezioso balsamo sulle nostre ferite.
Capace di gag irresistibili, inventore della celebre supercazzola monicelliana e portatore di un umorismo irriverente e sublime, era altresì un formidabile attore drammatico, vincitore della Palma d’Oro a Cannes per la “Tragedia di un Uomo Ridicolo” di Bertolucci.
Lui, figlio dell’umile provincia padana, che veniva dall’avanspettacolo e aveva il diploma da ragioniere, a Parigi recitava Pirandello in francese ed era considerato da Pasolini la persona più intelligente e sensibile da egli conosciuta.
Ed era follemente innamorato delle donne e della cucina (di quest’ultima forse ancora di più), ove, come scrive Paolo Nizza, «coniugava Epicuro con Marcel Proust. Con il filosofo greco condivideva la ricerca del piacere, senza peccato o sensi di colpa. Dello scrittore francese amava il gusto per il ricordo sensoriale. Ma la sua Madeleine non era un dolce, ma una gallina bollita con contorno di mostarda, un aroma che gli rammentava le domeniche golose trascorse nella natia Cremona».
Ha lavorato con i più grandi, perché era uno dei migliori della sua epoca.
E lo è tuttora, e sempre.

Ugo Tognazzi, venerato maestro



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